Prigioni

Il Tribunale speciale fascista giudicava di norma a Roma, nella famigerata Aula IV. Tra il 1927 e il 1943 vennero istruiti 131 processi a carico di sloveni e croati della Venezia Giulia (su un totale di 978), 544 furono le sentenze di condanna (su un totale di 4.596) e 42 le sentenze di morte, 33 delle quali emesse nei confronti di sloveni e croati.

La prima vittima della Venezia Giulia condannata a morte dal Tribunale Speciale fascista fu Vladimir Gortan, appartenente al ramo istriano dell'organizzazione Borba.
Il penitenziario di Portolongone sull'isola d'Elba.
Il penitenziario di Forte Urbano presso Castelfranco. Qui scontarono la pena i condannati del secondo processo di Trieste.
Ventotene – l'ergastolo.
Le prigioni di Capodistria, costruite al tempo dell'Austria, fungevano da carcere preventivo. Durante il fascismo furono sempre piene di antifascisti sloveni, croati e italiani. Vennero abbattute dopo la seconda guerra mondiale.
Il carcere femminile a Volterra.
La lettera scritta in occasione della Pasqua del 1943 da Tereza Čehovin per confortare le sue compagne di detenzione nel penitenziario di Fraschetti.
Le poesie scritte da Pinko Tomažič in prigione.
Le poesie scritte da Pinko Tomažič in prigione.

Primo processo di Trieste

Per ben due volte durante il suo funzionamento il tribunale speciale si trasferì a trieste, un segnale preciso del fatto che stavano per essere decretate delle condanne capitali. Causa diretta del primo processo di trieste fu l’attacco alla redazione del giornale fascista triestino il popolo di Trieste, avvenuto nel febbraio del 1930. L’atto d’imputazione era rivolto contro 87 persone, delle quali soltanto 52 furono catturate. Di queste 18 comparvero dinanzi ai giudici durante la prima fase del processo, altre 30 a più di un anno di distanza. Le condanne furono pesantissime ed ebbero vasta eco sulla stampa straniera. Quattro giovani vennero condannati a morte, gli altri a pene varianti tra i 30 anni e 2 anni e mezzo e soltanto due vennero assolti.

La stazione dei carabinieri di Semedella, dove vennero torturate le vittime di Basovizza.
Il palazzo del Tribunale in via Coroneo a Trieste.
La landa di Basovizza dove il 6 settembre 1930 vennero fucilati i quattro condannati del primo processo di Trieste.
Just Hvala, Prima della fucilazione.
Il monumento sulla landa di Basovizza.
L’Istra, foglio dell'Unione degli emigranti jugoslavi, in occasione del quinto anniversario delle fucilazioni di Basovizza.
La gioventù accademica di Lubiana ricordò in questo modo il primo anniversario della fucilazione delle vittime di Basovizza.
Inaugurazione del monumento alle vittime di Basovizza a Kranj nel 1931.

Secondo processo di Trieste

Nel dicembre del 1941 il tribunale speciale si trasferì nuovamente a Trieste. Preparandosi ad entrare in guerra L’italia doveva regolare i conti con i nemici interni. Nel marzo del 1940 ebbero inizio arresti in massa che terminarono dopo l’occupazione della provincia di lubiana e la cattura di alcuni emigranti.
Vennero arrestate complessivamente circa 300 persone; 60 furono mandate di fronte ai giudici, 45 al confino e le altre vennero diffidate o ammonite. Al processo, che si tenne dal 2 al 14 dicembre 1941, vennero giudicati i comunisti, nazionalisti (liberali e cristiano-sociali) e nazional-rivoluzionari, accusati di appartenere al movimento nazionalista che con i suoi metodi caratteristici minava l’integrità e l’unitarietà dello stato. Vennero emanate 9 sentenze di morte (di cui 4 tramutate la sera stessa in ergastoli), 4 accusati vennero assolti e gli furono condannati a complessivi 978 anni e mezzo di carcere.

I condannati a morte sono stati fucilati ad Opicina il 15 dicembre 1941.
Viktor Bobek, dell’organizzazione TIGR, di anni 32.
Ivan Vadnjal, dell'organizzazione TIGR, di anni 40.
Ivan Ivančič, dell'organizzazione TIGR, di anni 28.
Simon Kos, dell organizzazione TIGR, di anni 30.
Lettera d'addio di Simon Kos.
Pinko Tomažič, comunista, di anni 26.
Lettere d'addio di Pinko Tomažič ai genitori e ai compagni.